Diario di un sognatore
a cura Alessandra Klimciuk
L’atto creativo ha inizio con l’immaginazione. E sicuramente questo è il punto di inizio della ricerca artistica di Gianluca Patti, che indirizza verso colore e materia la sua capacità di espressione e la sua visione del mondo. Guardare il mondo attraverso la lente dell’immaginazione ci permette la libertà di non limitarci alla sola conoscenza dei fatti. E la nostra realtà diventa la realtà che vediamo. Imparare a vedere attraverso le grate di un balcone o la finestra di una grigia stanza di ospedale. Per comprendere pienamente le opera di Gianluca Patti dobbiamo includere il suo vissuto personale e la memoria di queste prime esperienze di visione, in cui l’orizzonte che immaginiamo è quello che vediamo.
La densità di questo racconto esistenziale, insieme alla scelta di materiali evocativi del suo passato familiare, diventano elementi imprescindibili per entrare nel suo processo artistico e comprenderne l’unicità.
Prodotti cementizi, resine e pigmenti, ma anche reti da cartongesso e fogli di pluriball, in memoria e onore del lavoro paterno, vengono decontestualizzati e riutilizzati per costruire opere stratificate e scultoree, con una griglia visiva che è la sua lente sul mondo.
Il tempo assume un valore funzionale e necessario nel procedimento con cui Patti tratta materia e colore per creare opere in cui stratificazione e sedimentazione si alternano in un processo di sottrazione e addizione, cercando un punto di equilibrio. Ogni singolo strato viene arricchito di materia e colore per poi essere levigato fino a fare emergere gli strati sottostanti. La resina viene utilizzata come elemento trasformativo, duttile, elastico, che si modella plasticamente.
Su questa struttura materica Gianluca Patti interviene con un meticoloso processo pittorico e grande attenzione ad ogni dettaglio, alla ricerca dell’equilibrio cromatico necessario per creare la sua personale sinfonia tra le frequenze sonore dei colori. Come una danza sinestetica in cui l’alternanza di suoni, colori e percezioni fa emergere un mondo immaginifico di emozioni, ricordi e sogni.
E poi c’è il tempo dei ricordi e dei sogni. La sua percezione soggettiva nella memoria passata, ma anche, nel desiderare del sognatore, una relazione originaria e costitutiva con la dimensione prossima del tempo, perché il desiderio è sempre declinato al futuro. Attraverso il colore imparare a vedere il mondo. Ma anche ad ascoltarlo, perché nella sinestesia il colore ha un suono e la sua funzione è evocativa, permettendo la connessione tra l’artista, i ricordi e la dimensione del sogno.
The Star, che apre la mostra come omaggio al luogo delle Stelline, è anche un omaggio ai cieli stellati, ai desideri e alla notte che porta con sé il buio generatore di immagini. La struttura narrativa del percorso espositivo accompagna il visitatore in questo viaggio autobiografico di ricordi ed emozioni, come l’installazione The point of view, evocativa dell’orizzonte osservato attraverso la ringhiera del balcone di casa da Gianluca bambino che, guardando il cielo e i suoi colori crepuscolari, sognava ad occhi aperti. L’opera vuole essere una trasposizione di quegli spazi di cielo e suggerire all’osservatore di andare oltre e porsi di fronte alle cose con una predisposizione al cambio di prospettiva, che è sempre sinonimo di apertura a grandi orizzonti.
The game è un invito a fare la prossima mossa nella partita a tris evocata dall’opera, perché come ci ricorda Bernard Shaw “l’uomo non smette di giocare perché invecchia, ma invecchia perché smette di giocare”. E se il gioco è in una relazione esistenziale con l’arte, di cui ne è simbolo come ci ricordava Schiller, l’opera di Patti ci invita a continuare la nostra partita personale, la più importante, ovvero quella della vita.
Intorno a me diventa una dedica alla natura e al verde del Parco di Monza, dove Gianluca bambino amava rifugiarsi e perdersi in avventure immaginarie, e dove ancora oggi ama trascorrere il tempo quando vuole ritrovarsi. La dimensione ovattata della grande nevicata che nel 1985 ricoprì Milano di una coltre bianca, lasciando spazio alla fantasia e al gioco spensierato, è la memoria evocata dall’opera 1985, in cui il tempo sembrava sospeso e il silenzio sovrastare il rumore.
Quale colore ha il ricordo di casa e della nostra famiglia di origine? Ce lo rammenta Radici in cui Patti trasferisce le cromie di quelle emozioni, omaggio alla famiglia e metaforicamente al terreno in cui siamo radicati, perché senza radici non si vola, ma anche al verde intenso della natura dei campi che circondavano la sua prima casa.
Dal verde si passa al blu e all’azzurro, i colori del mare e, per assonanza, della amata Sicilia, patria della famiglia di origine, ma anche evocativi dell’essenza del cielo e delle notti stellate, dove vivono i sogni. Le immagini catturate con lo sguardo riemergono attraverso la pittura come istantanee cromatiche di un viaggio dell’anima che accompagna la scoperta e la dimensione dell’ignoto dentro cui ci proiettano le opere Viaggio (I) e Viaggio (II), un grande labirinto di colori che compongono un percorso di crescita. I viaggi hanno una loro dimensione sognante, che si proietta nel futuro verso nuove strade da percorrere e nuove mete da raggiungere. I sogni evocati dai viaggi esotici e lontani li ritroviamo nelle cromie dell’opera Blu Majorelle, ricordo del blu dell’architettura marocchina mescolati ai colori di migliaia di piante esotiche e ai profumi di
Marrakech e dei Giardini Majorelle. Alessandra Klimciuk