Memoria onirica 2019
Bonioni Arte
4 maggio – 1 giugno
Memoria Onirica a cura di Chiara Serri
Memoria che risuona nella materia e diventa onirica. Le opere di Gianluca Patti (Monza, 1977) sono fatte di stratificazioni materiche e ricordi sedimentati nel tempo, ma anche di vibrazioni cromatiche che conducono lo spettatore nei campi del sogno e della visione. La percezione del lavoro cambia a seconda dell’incisione della luce: capita che un monocromo “assorba” frammenti di realtà, che un puntinato acrilico diventi cangiante, che una resina translucida sigilli un universo a sé stante o ancora riveli tracce del passato.
Fondamentale è la scelta dei materiali, che comprende prodotti cementizi, resine e pigmenti, così come reti da cartongesso e fogli di pluriball, decontestualizzati e riconvertiti all’ambito artistico. La procedura è la stessa sia per le opere della serie Frequencies (2017-18) che Noise 2017-18), entrambe esposte alla Galleria Bonioni Arte: su una tavola lignea viene stesa una base cromatica e quindi creata una griglia visiva a partire dall’impronta lasciata dal multibolle o dalla rete. Attraverso un lento processo di sedimentazione dell’acrilico, l’artista ottiene la vibrazione tonale del monocromo (Frequencies) o il rumore equilibrato dei policromi (Noise).
Se nei monocromi – o meglio negli apparenti monocromi – il colore sembra riprodurre l’idea di frequenza, attraverso la lenta progressione di moduli identici, resi difformi solo da sottili alterazioni tonali, nei policromi si evidenzia il carattere tattile della materia resinica, che mantiene traccia del processo che ha portato alla realizzazione dell’opera. L’artista interviene a pennello nei solchi lasciati dalle bolle fino ad ottenere autentiche “trappole visive”, che associano al movimento brulicante della superficie l’estrema attenzione rivolta alla composizione.
Dall’unione delle due serie – Frequencies e Noise – è nato, inoltre, un nuovo ciclo, intitolato Floating Noise (2018-19), anch’esso in mostra. La procedura operata nelle opere della serie Noise viene qui ripetuta attraverso l’alternanza di strati intermedi di resina e pigmento. Una volta ottenuto l’effetto desiderato, l’artista leviga la superficie, rendendola liscia e trasparente, capace di assorbire le interferenze esterne, ma anche di rivelare le infinte profondità della materia.
L’impronta del pluriball perde l’aspetto perfettamente circolare, la concentrazione dei tondini si dirada, gli interventi a pennello sembrano fluttuare su un fondo liquido, alternato a paste alte e addensamenti materici. È la memoria che torna a galla, la lenta risalita di esperienze e storie, di ricordi diluiti nel colore.
L’opera, tuttavia, non si esaurisce nella restituzione visiva del trascorrere del tempo, con i suoi moti non necessariamente lineari, ma stimola l’osservatore alla creazione di un proprio percorso visivo che corre da un tondino all’altro, segue l’andamento cromatico, si tuffa nella materia e accarezza la superficie, risolvendosi, infine, in una proiezione onirica, in cui è possibile sentire il colore e vedere il suono.