Gianluca Patti – Archeologia del colore
Per la sua prima personale a Roma, Gianluca Patti sceglie un titolo che da un lato vuole essere un tributo alla storia e alla cultura di cui la città è intrisa, dall’altro rappresenta la sintesi della sua ricerca stilistica: studio del colore e della materia che attraverso un continuo processo di stratificazioni porta l’artista a diventare un archeologo che scava nel suo io più profondo e dà forma a ricordi, a fantasie, a sogni, a stati d’animo vissuti o possibili
E così è facile intuire quello che il titolo suggerisce: è come se attraverso gli elementi che costituiscono le opere ci fossero storie che si celano e che sono lì per essere scoperte e il colore in tutti i suoi strati, incessantemente depositati sulla superficie, diventa la metafora di tutto quello che accade nel tempo, che magari si trasforma ma non viene perduto, solo celato.
Il colore talvolta si manifesta in maniera sintentica e minimale come nelle opere “monocrome” (‘frequencies’) per stravolgersi e alterarsi nella miriade di puntini multicolore “noise” trasformandosi in un sonoro visivo ora silenzioso ora rumoroso (da qui il titolo noise).
Il percorso espositivo accanto alle opere monocrome e multicolore variamente combinate tra di loro (quasi che l’identità delle prime si rafforzasse accanto a quella delle altre fino a diventare parte integrante di un’unica narrazione) prevede due installazioni, la prima ‘Flowers’ che è un omaggio dell’artista alla vicina Campo dei Fiori, l’altra ‘The Game’ che rappresenta il gioco del tris e simboleggia altri perni su cui si basa la sua ricerca: il gioco, l’infanzia, il tempo, il fare delle scelte.
E allora lo spirito giusto per visitare ‘Archeologia del colore’ è quello di lasciarsi guidare dalle parole di Eraclito ‘il tempo è un gioco, giocato splendidamente dai bambini’.